27 Gen Cambiare il finale è possibile?
I casi di violenza sulle donne e i femminicidi sono purtroppo all’ordine del giorno. Nonostante i dati siano raccapriccianti, sempre più Centri AntiViolenza (CAV) rischiano la chiusura per mancanza di fondi o per mancato rinnovo di permessi. Per l’esattezza solo a Roma, sono ben 5 quelli quelli minacciati di sgombero.
Ma vi siete mai chiesti come può sentirsi una donna impegnata in un percorso di uscita dalla violenza, a ritrovarsi senza un riferimento? Non è poi così difficile immaginare che la chiusura di questi CAV, la priverebbe di uno spazio fondamentale.
Le volontarie di Chayn Italia, piattaforma open source che fornisce strumenti contro la violenza di genere alle donne che vivono relazioni violente, non sono state lì ferme a guardare e hanno lanciato la campagna Cambiamo il finale.
Un’iniziativa che nasce per dare sostegno immediato ai CAV romani a rischio chiusura, in cui sono state coinvolte sei illustratrici che hanno dato il loro contributo artistico alla campagna realizzando una serie di splendide T-shirt per diffondere un messaggio di cambiamento e di solidarietà attiva.
Cambiare il finale è possibile. Come, ce lo raccontano loro: Roberta Rossetti, Paloma Canonica, Martina Messori e Pia Taccone.
Cosa ti ha spinto a collaborare con Chayn Italia per la campagna contro la violenza sulle donne Cambiamo il finale e come pensi di essere riuscita a comunicare che un finale diverso è possibile o necessario?
La mia presa di posizione contro la violenza sulle donne e più in generale contro gli stereotipi di genere parte da lontano e si è concretizzata quando a novembre del 2015 è uscito il libro Fiabe in Rosso, un progetto nato a quattro mani con Lorenzo Naia, che ha curato i testi, mentre io ho realizzato le illustrazioni. Si tratta di una breve raccolta di fiabe della tradizione, tutte con protagoniste femminili, ma con finali rivisitati. Quindi quando Chayn Italia ha lanciato la campagna Cambiamo il finale non ho potuto dire no. Perché ciò che ogni bambino di oggi e adulto di domani dovrebbe imparare è che il finale della propria storia, il finale della propria vita, non deve essere scontato, non deve essere uno solo, non deve essere – soprattutto – già deciso da qualcun altro. La felicità non consiste necessariamente nel trovare il principe azzurro, ma nel guadagnarsi la propria strada e il proprio posto nel mondo. Con la mia illustrazione che raffigura una Biancaneve al ritorno dalla miniera in compagnia dei nani e non più chiusa in casa, ho voluto raccontare una donna non più percepita come una proprietà, un destino prestabilito che non può sottrarsi ai propri compiti e alla volontà del compagno, ma capace di conquistare la libertà di autodeterminazione che ciascuna persona possiede.
Ho deciso di partecipare alla campagna Cambiamo il finale perché la trovo utile e necessaria. Mi ha dato la possibilità di far sentire la mia voce, di poter dire qualcosa usando un linguaggio diverso dalle parole. Nella mia illustrazione il finale è ancora da scrivere.
Ho provato a rappresentare la situazione in cui una donna vittima di violenza domestica si può trovare. Sospesa in una prigione da cui sembra impossibile uscire.
Credo però che trovando la chiave giusta ogni gabbia possa essere aperta.
È stata un’amica a segnalarmi questa associazione, così, in vista della campagna Cambiamo il finale ho pensato di propormi per collaborare a un’iniziativa che ho sentito subito molto vicina a me, in quanto donna. Il disegno è una forma artistica libera e trasparente, qualità che ritengo possano aiutare molto a tirare fuori e trasmettere le storie di tante donne che soffrono ingiustamente e che vanno aiutate. Si vuole, si DEVE cambiare il finale, con ogni mezzo e risorsa. Questo era il mezzo a mia disposizione e sono felice di aver potuto fare la mia piccola parte.
Lavorando come illustratrice so bene quanto un’immagine può essere efficace, più di molte parole. Ho visto l’idea della campagna su Facebook e mi ha subito convinta, soprattutto per l’idea di dare un taglio ironico e dire basta alle solite immagini che mostrano donne abbattute o picchiate. Non perché ci sia molto da ridere, ma perché uno sguardo ironico e distaccato sulla nostra situazione personale ci rende più forti nell’affrontarla. Il messaggio che ho voluto dare è anche la necessità di chiedere aiuto quando qualcosa non funziona in casa nostra. Facciamoci forti e chiediamo aiuto a chi è lì per darcelo, come Chayn. E portiamo in piazza le nostre esigenze se le istituzioni non ci ascoltano. Le teste alberate, che disegno spesso, rappresentano le nostre idee e i nostri progetti, che meritano di fiorire rigogliosi. Se l’ambiente ci opprime, non fiorirà nulla. Ma possiamo cambiare il finale. Non forse ciascuna da sola, ma se ci si lascia aiutare sì. Non ho per fortuna esperienze personali o in famiglia, ma mi rende molto felice poter regalare un disegno quando credo in una causa, un messaggio o un’associazione.
I temi affrontati dalle illustratrici che hanno collaborato alla campagna Cambiamo il finale sono vari ma il loro comune denominatore è il coraggio. Storie di liberazione, autodeterminazione e solidarietà. Interpretazioni e riscritture del tema della violenza sulle donne, lontane da stereotipi e semplificazioni. Donne che non aspettano di essere salvate ma che si salvano da sole, grazie alla loro stessa sorellanza.
Per sostenere la campagna Cambiamo il finale di Chayn Italia è possibile acquistare le T-shirt e i gadget qui.
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